Evviva l’altopiano di Camuti che mi vide bambino. Cominciai a scrivere poesie all’età di nove anni, adeguandomi alle consuetudini della famiglia e del mio paese, Mineo, dove gli abitanti in maggioranza erano poeti vernacoli, in gran parte analfabeti, contadini poveri, raccoglitori d’ulive, venditori d’acqua, pietraroli, calzolai, barbieri, sarti, guardiani di buoi, o caprai, e camposantari e artigiani che, per il loro mestiere, erano portati a fare delle considerazioni sulla fugacità di ogni cosa.
Ma la verità è una: debbo fare tutto da me, non ho un gatto, o una formica che mi aiutano. E la mia solitudine, che amministro e cerco di superare da solo, mi spunta come ombra sempre davanti. Ma in questo c’è un grande mio gioco fra narcisistico e retorico e infantile.
Giuseppe Bonaviri è stato uno dei maggiori scrittori italiani. Nato a Mineo nel 1924, nella provincia catanese, e laureatosi in medicina a trent'anni dopo la pausa del conflitto mondiale, è scomparso nella nottata tra sabato e domenica a Frosinone, dove si era stabilito da tantissimi anni. Scrittore avulso da ogni classificazione, è tuttora uno dei poeti italiani più tradotti all’estero. Tra i suoi scritti ricordiamo «Il fiume di pietra vide la luce» del 1964, «Notti sull'altura» del 1971, «L'enorme tempo» del 1976, «Novelle saracene» del 1980, «L'incominciamento» del 1983, «È un rosseggiar di peschi e d'albicocchi» del 1986, «Ghigò» del 1990, «Il vicolo blu» del 2003 col quale si aggiudicò il Vittorini e il Super Vittorini.
Autobiografia in do minore
Racconto di scoordinata sopravvivenza
di Giuseppe Bonaviri
Manni Editore
Collana: Pretesti
Anno 2006
128 pagine
€ 14,00
ISBN: 88-8176-844-5
Con una nota di Anna Grazia D'Oria e un inserto fotografico
lunedì 23 marzo 2009
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